La casa di chi non ha

Per raccontare cos’è la Casa dell’Ospitalità di Ivrea non ci sono parole più efficaci di quelle che, nel 1971 al momento della sua nascita, il Vescovo Mons.Luigi Bettazzi usò per spiegare il senso più profondo dell’iniziativa.

La casa di chi non ha salute, di chi non ha affetti, di chi non si sente di affrontare da solo la vita, di chi non ha l’assistenza di cui avrebbe diritto.

Per raccontare cos’è la Casa dell’Ospitalità di Ivrea non ci sono parole più efficaci di quelle che, nel 1971 al momento della sua nascita, il Vescovo Mons.Luigi Bettazzi usò per spiegare il senso più profondo dell’iniziativa. Da allora sono passati 50 anni, sono cambiate molte cose, così come in parte è cambiata la società italiana. Un lungo viaggio durante il quale la Casa non ha però mai perso il suo spirito originario, né rinunciato a promuovere i valori che hanno ispirato il suo operato. Un luogo-comunità fondato sugli ideali di fraternità e di servizio verso gli ultimi, un’esperienza fatta di generosità e attenzione ai bisogni dell’altro. Il tutto con l’idea che metro di ogni cosa debbano sempre essere il benessere e la dignità della persona.

La storia della Casa è la storia non di un’istituzione, ma di persone, di volti amici.

Come ricorda Mons. Arrigo Miglio, Vescovo di Ivrea, nel libro pubblicato in occasione dei 40 anni dalla nascita della Casa dell’Ospitalità di Ivrea: “il ricordo della Casa in quegli anni è il ricordo di un servizio che oggi sarebbe fin troppo facile definire originale, fuori da schemi rigidi, aperto ad una tipologia di persone molto varia, accomunate dal fatto di vivere situazioni di disagio o, per contro, dal voler condividere sotto lo stesso tetto la vita di coloro che nella Casa avevano trovato accoglienza.  Il desiderio, mai totalmente realizzato, di ridurre al minimo o di superare del tutto la distinzione tra ospiti e volontari”.

Quelli sono stati gli inizi di cui godettero – e poi han goduto – i tanti ospiti, ma dì cui hanno usufruito tutta la città e la diocesi, richiamate molto concretamente a praticare i valori fondamentali della carità e della fraternità. Nel corso degli anni le attività della Casa si sono moltiplicate: l’ospitalità e la cura ma anche i laboratori creativi, le prime esperienze di servizio civile per dare forma all’obiezione di coscienza al servizio militare, le gite e le attività sportive, le mitiche vacanze sull’isola di Ventotene. Ma soprattutto un incessante lavoro culturale per promuovere la solidarietà, contrastare i pregiudizi, la paura e lo stigma che ancora troppo spesso segnano le relazioni tra i più fragili e il resto della comunità.

Un presidio prezioso e indispensabile.

Sono tante le persone che hanno sostenuto la Casa dell’Ospitalità o che sono vissute nel suo ambito, dalla sua nascita ai nostri giorni: benefattori, volontari, operatori, amici, ospiti. Ancora oggi, e per il futuro, siamo convinti debba essere considerato un presidio prezioso e indispensabile. Perchè, richiamando le parole di Benedetto XVI, in la Deus Caritas est: “L’amore – caritas – sarà sempre necessario, anche nella società più giusta. Non c’è nessun ordinamento giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’amore… Ci sarà sempre una sofferenza che necessita di consolazione e di aiuto. Sempre ci sarà solitudine. Sempre ci saranno anche situazioni di necessità materiale nelle quali è indispensabile un aiuto nella linea di un concreto amore per il prossimo… Questo amore non offre agli uomini solamente un aiuto materiale, ma anche ristoro e cura dell’anima, un aiuto spesso più necessario del sostegno materiale”. Perchè, si è comunità se si è capaci, tutti insieme, di dare casa a chi non ha.